Che cos’è la vita interiore
Per molte persone la “vita interiore” è una certa serenità interna, libera delle complicazioni proprie del mondo esteriore, una via che permette di arrivare ad un certo equilibrio interiore della persona. Per altre, è un certo livello di pensiero e sentimento che dà una maggiore intuizione e ispirazione nella vita sociale e professionale. Per altri può significare un rapporto con l’essere superiore, che è fonte di pace, e di energia superiore; cioè una armonia con Dio, che permette di vivere in modo positivo. Per altri ancora è una interiorizzazione di tutto ciò che si vive (idee, desideri, esperienze, abitudini, condizionamenti) fino ad arrivare all’identità stessa di Dio.
Con Dom Jean-Baptiste Chautard, noi potremmo definire la vita interiore come “lo stato di attività di un’anima che reagisce per regolare le sue naturali inclinazioni, e si sforza d’acquistare l’abitudine di giudicare e governarsi in tutto secondo le luci del Vangelo e gli esempi di Nostro Signore”.
Per noi, in concreto, vita interiore dovrebbe significare vivere in unità tutta la realtà, tutte le dimensioni della vita – noi siamo abituati a concentrarle nelle “quattro ruote” –, tutto sé stesso, in tutte le circostanze…; liberi da ogni frammentazione, tipica della nostra epoca, provocata da tante realtà esterne o interne. Solo quando tutto quello che viviamo o facciamo diventa espressione dell’unità interiore profonda, potremmo dire che viviamo come siamo stati chiamati a vivere.
Solamente con un minimo di equilibrio della personalità è possibile arrivare ad un livello minimo di vita spirituale. In tutte le tappe della vita abbiamo bisogno di avere qualcosa di massimo valore, che fa diventare secondario tutto il resto. Per noi cristiani, è Dio e il suo Regno – la perla preziosa e il tesoro di cui ci parla Gesù nel Vangelo –, che ci porta a considerare secondario tutto il resto.
Questo che si dice a livello personale, si applica anche a livello collettivo, comunitario. È necessario arrivare a vivere in unità tutto ciò che esiste. D’altra parte, se non c’è unità nell’interno, non può esserci unità nell’esterno.
La vita interiore, fonte, motore e anima di ogni apostolato
Risulta inevitabile evocare qui il notissimo libro di Dom Jean-Baptiste Chautard, L’anima di ogni apostolato – ben conosciuto dal nostro Fondatore –, il quale vuole proprio dimostrare che senza la vita interiore, tutta l’attività e dedizione dell’apostolo diventa infeconda e può svuotare la persona stessa dell’apostolo.
Lo stesso autore suggerisce la necessità di evitare la tentazione di vedere la vita interiore come “una specie di oasi in cui ci si possa rifugiare per trascorrervi pigramente l’esistenza”. E applica in questo senso le parole del Vangelo: “Il regno dei cieli lo si ottiene con la forza e sono i violenti a conquistarselo” (Mt. 11,12). Infatti, non è possibile chiudersi nel livello spirituale. La vita interiore autentica si proietta necessariamente nell’azione a favore degli altri, nelle varie opere di apostolato.
Comunque – afferma l’Autore – bisogna evitare la tentazione di opporre il pretesto dell’urgenza della salvezza delle anime per tralasciare la vita d’intimità con Dio, dimenticando che “l’azione deve essere soltanto il traboccamento della vita interiore” e che “base, scopo e mezzi di un’opera devono essere impregnati di vita interiore” perché certamente ciò che si cerca con le opere è realizzare il bene, ma a volte, se “gli organizzatori avevano una fede vacillante nella potenza d’azione della vita soprannaturale sulle anime, nonostante mille sforzi, i risultati sono stati nulli o quasi”.
Dom Chautard fa un esempio molto eloquente: “Il cuore batte giorno e notte, e un solo istante d’arresto di questo organo essenziale porterebbe immediatamente alla morte. Il braccio invece non è che una parte integrante del corpo umano e si muove solo a periodi. Questo c’insegna che dobbiamo talvolta concedere un po’ di tregua alle nostre occupazioni esteriori, ma al contrario non dobbiamo mai cessare dall’applicarci alle cose spirituali… Senza di questa vita, tutto è languido, sterile e pieno d’imperfezioni”.
La vita interiore è condizione della fecondità delle opere. “Ricordiamo che, se l’apostolo realizza il detto evangelico: ‘Chi rimane in me e io in lui…’, la fecondità della sua azione voluta da Dio è assicurata: ‘…questi porta molto frutto’ (Gv 15,5)”. Al contrario – continua Dom Chautard –, “la mancanza di vita interiore, e perciò la manifestazione delle umane passioni, danno la spiegazione di tante sconfitte”.
E quando l’apostolo attua a partire da una solida vita interiore, non solo coopera con Dio alla salvezza degli altri, ma fa che ogni attività diventi un mezzo di santità per sé stesso: la vita interiore – afferma Dom Chautard – è “la base della santità dell’operaio apostolico”. Il motivo è che “La santità altro non è che la vita interiore portata fino alla strettissima unione della volontà con quella di Dio. Ordinariamente e salvo un miracolo della grazia, quindi, l’anima non arriva a questo termine se non dopo essere passata, con molteplici e penosi sforzi”.
La vita interiore in sé stessa è apostolato
Per Dom Chautard, la sostanza dell’apostolato sta nel fatto che l’apostolo sviluppi nella sua anima, in grado superlativo, la grazia di Dio e la trasmetta agli altri. Quando qualcuno possiede in sé, in modo intenso ed abbondante, la vita della grazia, l’azione di Dio si fa sentire – persino involontariamente – attraverso questa persona, su coloro che essa vuole conquistare. Nelle loro anime, tale azione produce quindi frutti spirituali analoghi a quelli che ha prodotto nell’anima dell’apostolo. Così l’apostolato sarà fecondo quando il suo strumento umano godrà di una elevata partecipazione alla grazia divina; sarà invece sterile quando questa partecipazione sarà insufficiente. Dio si manifesta in qualche modo per mezzo delle persone di vita interiore. Il soprannaturale traspare agli occhi degli altri, i quali percepiscono qualcosa del mistero di Dio. Forse è lo splendore dell’influsso divino che la teologia chiama grazia santificante, o il risultato dell’ineffabile presenza delle Persone divine nelle persone da loro santificate. San Basilio spiegava che quando lo Spirito Santo si unisce alle anime purificate dalla sua grazia, le rende più spirituali. Come il sole rende più scintillante il cristallo che tocca o penetra col suo raggio, così lo Spirito santificatore rende più luminose le anime in cui abita, e per la sua presenza esse divengono come tanti focolari che diffondono intorno a sé la grazia e la carità.
Sono riflessioni di Dom Chautard, il quale afferma ancora che mediante la vita interiore l’apostolo irradia la fede, perché la presenza di Dio in lui si manifesta alle persone che l’ascoltano; irradia la speranza, perché la sua fede l’ha definitivamente confermato nella convinzione che la felicità non si trova che in Dio e solo in Dio; irradia la carità, perché mira soprattutto al possesso della carità e lo scopo dell’uomo interiore è la compenetrazione tra Gesù e l’anima (cfr. Gv 15,1-8); irradia la bontà: anche se fosse naturalmente portata all’egoismo e alla durezza di cuore, a poco a poco questi difetti scompariranno.
La vita interiore genera altra vita interiore; conviene ricordare che la vita interiore mediante l’Eucaristia compendia tutta la fecondità dell’apostolato; che l’orazione è elemento indispensabile della vita interiore e perciò dell’apostolato, mentre la vita liturgica, è sorgente di vita interiore e di apostolato; e – conclude Chautard – per la vita interiore personale è necessaria una vera devozione alla Vergine Maria, Madre di Dio e degli uomini.
Il pensiero del beato Giacomo Alberione
Don Alberione si lamenta che l’apostolato della vita interiore sovente “non viene elencato con gli altri, si va un po’ dietro all’americanismo, cioè all’azione esterna soltanto, con danno dello spirito. Questo apostolato è la nostra santificazione e il lavoro che compiamo per emendarci e per acquistare le virtù… È lo sforzo per dire di no alla natura e di sì a Dio… Ed è ancora l’apostolato della vita interiore che ci prepara alla vita eterna… L’anima di vita interiore prende consiglio, accetta correzioni, fa risoluzioni e vigila; in tal modo essa compie il più grande degli apostolati…” (Alle Figlie di San Paolo, 1947, pp. 402-403).
E osserva acutamente: “Si dirà che questo apostolato è troppo personale ed egoista; sì, l’anima ammucchia per sé, però fa come la stufa che ingoia legna e carbone e poi spande il suo benefico calore attorno a sé… Chi lavora spiritualmente nel suo interno, compie il più vantaggioso degli apostolati, perché si unisce a Dio e poi lo comunica alle anime” (Ibidem).
Diceva ancora Don Alberione nel 1947: “L’apostolato è irradiazione di Cristo, imitazione di lui; è il fiore della carità, anzi il frutto di essa: più si ama e più si cerca il volere dell’amato” (Ibidem, p. 401). E ancora: “L’apostolato della vita interiore è quell’impegno, desiderio, lavoro, sforzo continuato per arrivare alla santità… È vero e faticoso lavoro: il più nobile, il più necessario con conseguenze eterne. La persona che attende a rendere l’anima sempre più pura, sempre più bella…, compie un vero apostolato” (Ibidem, pp. 448-449).
L’affermava con forza il Fondatore descrivendo la persona dell’apostolo: “Apostolo è colui che porta Dio nella sua anima e lo irradia attorno a sé. Apostolo è un santo che accumulò tesori; e ne comunica l’eccedenza agli uomini. L’Apostolo ha un cuore acceso di amore a Dio ed agli uomini; e non può comprimere e soffocare quanto sente e pensa. L’Apostolo è un vaso di elezione che riversa, e le anime accorrono a dissetarsi. L’Apostolo è un tempio della Ss. Trinità che in lui è sommamente operante. Egli, al dire di uno scrittore, trasuda Dio da tutti i pori: con le parole, le opere, le preghiere, i gesti, gli atteggiamenti; in pubblico ed in privato; da tutto il suo essere. Vivere di Dio! e dare Dio” (Ut perfectus sit homo Dei IV, p. 278).
E affermanva che la vita interiore è apostolato per due ragioni: “perché l’anima che si sforza di raggiungere la santità ottiene benedizioni in tutto l’ambiente in cui vive e sul mondo intero… è come una calamita che insensibilmente attira i cuori a Dio… suscita apostoli e promuove altri apostolati…” (Alle Figlie di San Paolo, 1947, p. 401); e anche “perché compie un vero apostolato in virtù della comunione dei santi” (Ibidem). E fa un bellissimo paragone: “L’anima di vita interiore è nella Chiesa come il cuore che manda il sangue in tutte le membra, e perciò tutti attingono il bene dalla sua santità. Un’anima che lavori per la propria santificazione non è un’egoista che si chiude in sé stessa, ma è operante, attiva per il bene degli altri; la sua vita non è oziosa, ma efficace, fruttuosa” (Ibidem).
Don Alberione apre a tutti la possibilità di fare un apostolato fecondissimo: “Le persone inferme che non hanno attitudini e possibilità di espandersi nell’apostolato dell’azione, si facciano buone, offrano a Dio le loro sofferenze ed eserciteranno un apostolato ugualmente efficace” (Ibidem, pp. 448-449).
E nel libro Maria Regina degli Apostoli (p. 35) Don Alberione scrive: “La santità interiore è il primo e più essenziale apostolato, inconfondibile ed insostituibile. Se c’è la vita interiore, c’è sempre l’apostolo, fosse pure un Antonio nel deserto, un certosino in silenzio, una conversa claustrale che attende ai lavori più umili”.
Conclusione
Non è facile oggi vivere l’unità interna perché ci sono in noi e attorno a noi tante forze dispersive. E se noi siamo interiormente divisi, non viviamo appieno nemmeno una delle dimensioni che costituiscono il nostro essere.
Per raggiungere l’unità, essenziale alla realizzazione della propria vita, la prima cosa da fare è quella di vivere tutti gli elementi, in sé tanto diversi, come espressione di un’unica unità. È necessario che non ci sia una sovrapposizione dei frammenti, ma che viviamo tutto noi stessi, pienamente, in ogni momento. Così, l’unità personale – libera dalle paure, dalle preoccupazioni, dai desideri, ecc. – ci porterà alla scoperta e all’esperienza dell’Unità: di Dio.
D’altra parte, la vita interiore è un’arte, e l’arte si impara. La più preziosa guida si trova dentro di sé. Non importa quale nome viene dato; si può – con sant’Agostino – chiamarlo il “Maestro interiore”… Ma deve essere scoperto. Gli altri maestri non avranno altra funzione che quella di favorire questo incontro di sé con l’Essere supremo. Si tratta di scoprire in sé l’immagine divina nel senso del testo della Genesi: Dio ha creato l’uomo a sua immagine e somiglianza (cfr. Gn 1,26).
Questa immagine è paragonata a un germe divino, infinitamente piccolo e fragile. La vita interiore ha la funzione di risvegliare questo seme. Così, con la sua vita interiore, l’uomo morto e risorto prolunga l’opera di Cristo nell’universo. Non parla nemmeno di Dio, perché è diventata una testimonianza vivente della vita divina. Niente andrà perduto finché ci saranno uomini che sono diventati vivi grazie alla pienezza della loro vita interiore. Danno quella pienezza all’universo e lo salvano trasfigurandolo (cfr. Marie Madeleine Davy in Les Chemins de la profondeur).
Mi piace fare un paragone, sicuramente banale, ma che ci può permettere di avvicinarci un po’ a questa infinita realtà che è l’apostolato della vita interiore. Potremmo pensare ai pannelli di energia solare: ricevono l’energia dal sole, e l’accumulano per poi applicarla e distribuirla in tanti modi secondo i bisogni. La vita interiore riceve da Dio l’energia della grazia, che il credente accumula nel cuore di Dio. Lui la distribuisce misteriosamente nella misura dei bisogni e della sua infinita misericordia.
La vita interiore produce nell’apostolo l’irraggiamento soprannaturale, misterioso. Una specie di energia soprannaturale, che misteriosamente influisce e muove i cuori, in un modo misterioso, a noi sconosciuto perché ci supera, che viene amministrato da Dio in modo altrettanto misterioso. A noi tocca fidarci di lui e continuare a vivere questa interiorità nella sicurezza che produrrà i suoi frutti apostolici, anche se noi non li conosceremo mai.
Don Alberione afferma che questo apostolato della vita interiore è possibile a tutti: “Si allietino le anime che, nel silenzio, pregano e soffrono. Il mondo provoca Dio a sdegno e castigo! Ma esse lo salvano con la riparazione. Esse operano nella edificazione del corpo di Cristo, forse più e meglio di chi percorre il mondo, di chi si va esaurendo in faticose imprese (Maria Regina degli Apostoli, p. 37).
E afferma ancora che è il primo di tutti perché: “è la radice di ogni apostolato. È obbligatorio per tutti. Si può compiere da tutti, ed è possibile e sempre. L’apostolato della vita interiore consiste nel nostro lavoro speciale di santificazione; purificazione dal male; unirci a Gesù Cristo. Il quale lavoro e zelo per la nostra anima susciterà il desiderio di salvare altre anime” (Alle Figlie di San Paolo, 1947, p. 448).
Questa è forse la sfida tipica del nostro tempo. O si cerca di vivere l’apostolato della vita interiore, o si rischia di lavorare molto, con la pretesa di “fare apostolato”, che sarà invece un semplice “cembalo squillante” (1Cor 13,1), con il rischio di vivere una vita vuota e svuotante, sterile.
Concludiamo con l’invito di san Paolo VI: “Questo volevo dirvi, figli carissimi; bisogna che diamo alla vita interiore l’importanza che le spetta, tanto nell’equilibrio dello sviluppo pedagogico delle facoltà umane, quanto soprattutto nel compimento della nostra e dell’altrui salvezza cristiana. L’uomo moderno, diremo con una similitudine d’un filosofo di questo tempo, è uscito di casa e ha perduto la chiave per rientrarvi; è ‘fuori di sé’. Che così non sia del cristiano!” (Udienza generale, 16 agosto 1967).
Don José Antonio Pérez, ssp