La “secolarità” è «una vocazione di frontiera» da vivere soprattutto dove vengono negati diritti e dignità alle persone. Lo ha ricordato il Papa durante l’udienza ai partecipanti all’assemblea generale della Conferenza mondiale degli istituti secolari, ricevuti stamane, 25 agosto, nella Sala del Concistoro.
Cari fratelli e sorelle,
sono lieto di accogliervi in occasione dell’Assemblea Generale della Conferenza Mondiale degli Istituti Secolari (cmis). Vi saluto con affetto e ringrazio la Presidente per le sue parole. Desidero offrirvi alcune riflessioni per aiutarvi a considerare la peculiarità della vocazione a voi donata, perché il vostro carisma diventi più incisivo nel tempo che viviamo.
Il termine secolarità, che non equivale pienamente a quello di laicità, è il cuore della vostra vocazione che manifesta la natura secolare della Chiesa, popolo di Dio, in cammino tra i popoli e con i popoli. È la Chiesa in uscita, non lontana, non separata dal mondo, ma immersa nel mondo e nella storia per esserne sale e luce, germe di unità, di speranza e di salvezza. La vostra peculiare missione vi porta ad essere in mezzo alla gente, per conoscere e comprendere quello che passa nel cuore degli uomini e donne di oggi, per gioire insieme e per patire insieme, con lo stile della vicinanza, che è lo stile di Dio: la vicinanza.
Questo è anche lo stile di Dio, che ha mostrato la sua vicinanza e il suo amore all’umanità nascendo da donna. È il mistero dell’incarnazione, origine di quella relazione che ci costituisce fratelli con ogni creatura e che continuamente chiede di essere contemplato, per scorgere e per promuovere quel bene che Dio ha pronunciato sulle diverse realtà e che neppure il peccato, pur offuscandolo, è stato in grado di distruggere completamente.
Il carisma che avete ricevuto vi impegna, singolarmente e come comunità, a coniugare la contemplazione con quella partecipazione che vi consente di condividere le ansie e le attese dell’umanità, cogliendone le domande per illuminarle con la luce del Vangelo. Siete chiamati a vivere tutta la precarietà del provvisorio e tutta la bellezza dell’assoluto nella vita ordinaria, per le strade dove camminano gli uomini, dove più forte è la fatica e il dolore, dove i diritti sono disattesi, dove la guerra divide i popoli, dove viene negata la dignità. È lì, come Gesù ci ha mostrato, che Dio continua a farci dono della sua salvezza. E voi siete lì, siete chiamati a essere lì, per testimoniare la bontà e la tenerezza di Dio con quotidiani gesti d’amore.
Ma dove trovare la forza per porsi con generosità al servizio degli altri? Dove trovare il coraggio di scelte anche audaci che spingano ad una testimonianza? Questa forza e questo coraggio li trovate nella preghiera e nella contemplazione silenziosa del Cristo. L’incontro orante con Gesù vi riempie il cuore della sua pace e del suo amore, che potrete donare agli altri. L’assidua ricerca di Dio, la familiarità con la Sacra Scrittura e la partecipazione ai sacramenti, sono la chiave della fecondità della vostra opera.
La vostra è una vocazione di frontiera, a volte custodita nella discrezione del riserbo. In più occasioni avete rimarcato che non sempre siete conosciuti e riconosciuti dai pastori e questa mancanza di stima vi ha portato forse a ritirarvi, a sottrarvi al dialogo, e questo non va bene. Eppure la vostra è una vocazione che apre strade, di frontiera, per non rimanere fermi: apre strade. Penso ai contesti ecclesiali bloccati dal clericalismo — che è una perversione —, dove la vostra vocazione dice la bellezza di una secolarità benedetta aprendo la Chiesa alla vicinanza ad ogni uomo e donna. Penso alle società dove i diritti della donna vengono negati e dove voi, come è successo anche in Italia con la beata Armida Barelli, avete la forza per cambiare le cose promuovendone la dignità. Penso a quei luoghi, che sono tanti, nella politica, nella società, nella cultura, in cui si rinuncia a pensare, ci si uniforma alla corrente dominante o al proprio comodo, mentre voi siete chiamati a ricordare che il destino di ogni uomo è legato a quello degli altri. Non c’è un destino solitario.
Cari amici e care amiche, non stancatevi di mostrare il volto di una Chiesa che ha bisogno di riscoprirsi in cammino con tutti, di accogliere il mondo con tutte le sue fatiche e bellezze. La Chiesa non è un laboratorio per tranquillizzarsi e riposare. La Chiesa è una missione. Solo insieme possiamo camminare come popolo di Dio, come cercatori di senso con tutti gli uomini e le donne di questo tempo, custodi della gioia di una misericordia fatta carne nella nostra vita. Questo percorso richiede di scardinare consuetudini che non parlano più a nessuno, di rompere schemi che imbrigliano l’annuncio, suggerendo parole incarnate, capaci di raggiungere la vita delle persone perché nutrite della loro vita e non di idee astratte. Nessuno dà testimonianza con idee astratte. No. O tu evangelizzi con la tua vita, e questa è la testimonianza, o sei incapace di evangelizzare.
Vi incoraggio a rendere presente nella Chiesa la secolarità con mitezza, senza rivendicazioni ma con determinazione e con quell’autorità che viene dal servizio. Il vostro sia il servizio del seme, il servizio del lievito, il servizio nascosto e, al tempo stesso, evidente che sa morire dentro le vicende — anche ecclesiali — perché possano cambiare dal di dentro e portare frutti di bene. Ponetevi docilmente in ascolto dello Spirito Santo per capire come rendere sempre più efficace la vostra opera, anche percorrendo strade nuove che rendano visibile la ricchezza di cui siete portatori.
Al riguardo, è essenziale che i Pastori della Chiesa siano al vostro fianco per ascoltarvi e coinvolgervi in quel discernimento dei segni dei tempi che segna il passo della missione. Da parte mia, vi rinnovo la vicinanza e l’apprezzamento per il contributo e il respiro del mondo che portate nella Chiesa, con tutta la passione che vi abita. Non stancatevi di portare nel mondo l’annuncio di una vita nuova, di una fraternità universale e di una pace duratura, splendidi doni del Signore Risorto.
Invoco su di voi e sulle vostre attività la materna protezione della Vergine Maria e, mentre vi do la benedizione, vi chiedo di pregare per me. Fatelo di cuore! Grazie.