AGESCI, NUOVE PISTE PER EDUCARE ALLA VITA CRISTIANA

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Il convegno Emmaus A/R, andata e ritorno, segna una svolta nella trasmissione della fede. Obiettivo, riconoscere la presenza di Dio nella quotidianità. Ai lavori, svoltisi a Loreto dal 29 settembre al 2 ottobre, hanno preso parte circa mille tra animatori ed assistenti ecclesiastici.

Riconoscere, più che comprendere. Ritrovare, più che acquisire. Fare esperienza, più che “lezione”. È un ribaltamento di prospettiva nell’educazione alla vita cristiana quel che emerge dal convegno Agesci Emmaus A/R, che si è tenuto a Loreto dal 29 settembre al 2 ottobre.

Un evento che ha coinvolto mille scout fra educatori e assistenti ecclesiastici, e che dà atto l’associazione degli scout cattolici italiani dell’impegno a provare a capire come meglio rispondere alla chiamata all’evangelizzazione, in un contesto via via più secolarizzato e multiculturale come quello italiano. “Ci ha guidato il desiderio di accompagnare i più piccoli a un’esistenza piena, che non può prescindere dalla dimensione spirituale e del trascendente – ha commentato l’assistente generale padre Roberto Del Riccio sj – una dimensione spirituale che si vuole cercare comunitariamente, come popolo di Dio”. Per gli educatori scout, l’invito è a un cambiamento di mentalità e di approccio: non più “trasmettitori di contenuti” – per quanto importanti – ma “testimoni narranti” di una storia di salvezza, capaci di immaginare e guidare i più giovani in esperienze concrete da vivere e rileggere insieme. 

Più che i discorsi, a tenere banco nella tre giorni è stato il vissuto. La pista individuata da Agesci per annunciare la Buona novella si sviluppa infatti in quattro fasi concrete: vivere, incontrare, raccontare e infine generare. Seguendo il racconto evangelico di Matteo, i capi scout si sono immedesimati nei discepoli di Emmaus: educatori e ragazzi insieme in cammino, nella differenza di età e di maturità di fede, che vivendo, incontrando, raccontando e raccontandosi – appunto – vedono generare un cambiamento in sé e quindi una scintilla per gli altri.

Per il mondo scout, pur da sempre abituato a “imparare facendo” e a crescere facendo esperienza, si tratta di una svolta significativa, che si inserisce in un cammino avviato da tempo. È infatti degli anni Ottanta il “Progetto unitario di catechesi” (1983) che – primo in Italia – traduceva l’itinerario catechetico della Chiesa italiana nella proposta scout. Negli anni poi la riflessione non si è fossilizzata, cercando di offrire un accompagnamento spirituale fecondo e adeguato ai tempi. Ieri come oggi, la Parola di Dio rimane sempre al centro, perché è alle Scritture che si deve far riferimento per rileggere l’esistenza. 

Agli educatori è quindi chiesto di coltivare tre “capacità”: profetica, sacerdotale, regale, per cogliere il senso degli eventi, saperli portare davanti a Dio e discernere in fedeltà al Vangelo. Occorre avere dimestichezza con le Scritture ed essere “esposti” alla Parola, lasciandosene coinvolgere e interpellare. Non ci sono soluzioni preconfezionate, un “catechismo” da studiare. Piuttosto, si tratta di favorire esperienze concrete da vivere in comunità e in cui riconoscere la propria fede. 

Preziose, a Loreto, le presenze della danzaeducatrice Carlotta Mandrioli, che ha guidato gli educatori a mettersi in ascolto di sé e del proprio corpo, e del teologo Marco Tibaldi, che ha aiutato a rileggere l’esperienza. “Comunichiamo con il corpo e così fa anche Dio, che ci parla attraverso gli affetti e i moti propri del corpo – il rimando di Tibaldi – Dio si è fatto corpo in Gesù. Nel Vangelo Gesù quindi parla poco ma prende per mano, tocca, guarda”. 

Un corpo per comunicare e per narrare, altra dimensione chiave dell’esperienza di fede, legata al condividere, al fare memoria e quindi al focalizzare i cambiamenti generati da eventi e incontri. “Questo approccio consente una proposta inclusiva per i ragazzi non credenti o di altre religioni – ha notato ancora padre Del Riccio sj – ed è figlio della volontà di Agesci di camminare con la Chiesa e contribuire, con la specificità del metodo scout, a quella Chiesa aperta, pronta a fare un tratto di strada con chi incontra nel cammino”.

Al convegno sono intervenuti, tra gli altri, monsignor Luciano Paolucci Bedini, vescovo di Gubbio e Città di Castello – “La fede va raccontata, è un racconto che ci viene consegnato, di ciò che ha compiuto nella nostra vita personale: questo noi possiamo annunciare” – e monsignor Fabio Dal Cin, vescovo di Loreto. Presente, in video collegamento, anche monsignor Paolo Giulietti, presidente della Commissione Episcopale per la famiglia, i giovani e la vita, che ha esortato a camminare sempre con la Chiesa e a proseguire sulla via dell’annuncio: “Il luogo in cui si può fare esperienza viva di Gesù è la comunità cristiana. Vi incoraggio nel continuare a spendervi per i ragazzi: una Chiesa che non investe le energie migliori sui giovani viene meno all’esigenza di servire i ragazzi nel diventare cristiani e persone adulte”. Il presidente della Cei, cardinale Matteo Zuppi, ha raggiunto i presenti con un accorato video messaggio: “Cristo è il miglior pellegrino con noi nella strada della vita. Da far conoscere. Il vostro sforzo permette a tanti ragazzi di fare un’esperienza spirituale, anche chi è lontano o non sa come avvicinarsi o riavvicinarsi all’esperienza cristiana. Vi siamo vicini, con molta fiducia nel progetto educativo scout, e anche con lo stimolo: perché nel cammino dell’associazione possiate con ancora più convinzione far conoscere la presenza di Cristo nel cammino”.

Terminato il convegno, per gli educatori Agesci è ora tempo di rimettersi per strada. Pronti a riconoscere la presenza di Dio che ci cammina accanto, come i discepoli di Emmaus.