Dice il Qoelet: “Tutto ha il suo momento, e ogni evento ha il suo tempo sotto il cielo” (3,1). Il tempo che viviamo oggi è poliedrico, ha impatto diverso sulle persone e ciascuno di noi lo interpreta con punti di riferimento diversi.
Su una cosa, credo, possiamo essere tutti concordi: il tempo che stiamo vivendo ci interroga fortemente, ci pone domande e interrogativi determinati dalla situazione incerta, vulnerabile, indefinita che viviamo.
Probabilmente prima di questa pandemia mondiale, presi dal nostro ritmo frenetico quotidiano, avevamo la nostra routine quotidiana la quale non conteneva domande di senso che ora ci facciamo. Oggi vengono frantumati gli schemi che abbiamo ereditato o che ci siamo costruiti. Le nostre impostazioni di vita quotidiana vengono sconvolte e, molte volte, non siamo più noi a determinarle o governarle.
Il motivo è che questa pandemia tocca tutti, indistintamente ma “personalmente”, non in modo generico, ma individualmente. Ciascuno di noi, volente o nolente è tirato dentro la situazione, non può dire “a me non mi tocca” o “è un problema di altri, non mio”. E le domande che tale situazione ci pone non sono semplici e, forse, non vorremmo neppure porcele, perché riguardano realtà come la morte, la sofferenza, la malattia, il senso vero della vita. Domande che sono state espulse dalla mentalità mondana oggi dominante.
Non dobbiamo avere paura delle domande, non dobbiamo aver paura di lasciarci interrogare dalla realtà che oggi viviamo. “E invece di correre subito a cercare la risposta, fermarci a vivere bene le domande, amare le domande, volere bene alle domande, lasciarle lavorare dentro di sé, come una gestazione: sono già rivelazione. Le risposte definiscono, le domande suggeriscono. Le definizioni chiudono, gli interrogativi invitano oltre” (E. Ronchi: Le nude domande del Vangelo, ed. San Paolo 2016, pp. 9ss.).
E quando la realtà di oggi ci pone delle domande, non interroga il mio sapere, i miei talenti, le mie teorie ma direttamente la mia persona con nome e cognome e queste domande richiedono da parte nostra l’ascolto silenzioso, attivo e interiore.
“Il grande dono che ci fanno le domande è quello di accompagnarci a vincere ogni giorno l’abitudine, il subdolo rimando, la confortevole autogiustificazione: non pensate pensieri già pensati da altri” (op. cit. p. 27).
Papa Francesco ci avverte che quando usciremo da questa pandemia saremo o migliori o peggiori di prima. E’ chiaro che questo dipende dalle risposte che ciascuno di noi dà alla situazione che oggi viviamo, tenendo conto che tali risposte non devono essere umorali, basate su buoni sentimenti e stati emozionali, ma riguardano le linee guida che ciascuno di noi sceglierà per determinare, d’ora in avanti, la sua impostazione di vita e le sue scelte.
Ma su che cosa possiamo basare le nostre risposte perché diano valore, sostanza, senso, speranza e futuro nel riprenderci la nostra vita in mano.
Per i credenti cristiani la risposta potrebbe essere scontata: abbiamo il Vangelo, abbiamo Gesù Cristo. E’ vero! Importante che il Vangelo sia la Parola che noi abbiamo personalmente incontrato, coltivato, ruminato dentro di noi e che l’abbiamo fatta diventare vita della nostra vita, così che possa “generare” vita, perché è stata prima nostra vita. Gli Evangelisti presentano più di 220 domande che Gesù pone alla gente e alle quali dà risposte, non sempre con le parole, spesso con le guarigioni, con le parabole. Questo perché Egli è il Maestro Via, Verità e Vita, il punto di riferimento per chi vuole ricercare e scoprire il senso della propria vita, di se stesso. E’ colui che può dare risposte certe e sicure alle domande che ciascuno di noi si pone.
Per chi invece ha una fede debole, vacillante o non è per nulla credente, ma si sente sollecitato da domande che la situazione che viviamo gli pone, non è consigliabile cercare risposte all’esterno: non cerchiamo per terra e per mare ciò che potremmo trovare dentro di noi. Già il lasciarci interrogare è indice di vitalità, di una persona che è sempre alla ricerca, che non subisce la vita, ma cerca di reagire e trovare una ragione che dia senso a ciò che sta vivendo. Quanto alle risposte, non accontentiamoci di quelle che nuotano nella superficie del nostro mare interiore ma non hanno un ancoraggio sicuro. Per cercare le perle, bisogna andare in profondità.
Se vogliamo preparare tempi nuovi, ognuno deve prendere parte al cambiamento.